Sybil[la] Delph[ica] quae et Daphne Tyr[esiae filia est]
"Era più vecchia di Orfeo. Più di una storia viene narrata sulla sua origine e anche sugli oracoli che le sono attribuiti: che proveniva dalla Frigia, che si chiamava Artemide, che visitò Delfi...". Con tali parole il filosofo greco Eraclide Pontico presenta la Sibilla Delfica. Benché il filosofo sia la più antica fonte da cui trarre informazioni circa la Sibilla, l‘antiquario latino Varrone, compilando l‘elenco delle Sibille conosciute e testimoniate, indica come fonte lo stoico greco Crisippo ("Thertiam Delphida, de qua Chrisippus loquator in eo libro quem de divinatione composuit"). L‘autore greco del II secolo d.C., Pausania, presenta la veggente con il nome di Erofile o Artemide e ritiene sia figlia del dio Apollo e di Lamia, regina del piccolo stato di Maleide nella Grecia Centrale. Il biografo e scrittore greco Plutarco tramanda le parole della Sibilla in cui annuncia agli uomini che la sua morte non avrebbe comportato la fine delle profezie, anzi, l‘uomo avrebbe potuto leggere il futuro dalle viscere degli animali. Questo perché gli animali si nutrono di piante germogliate dal sangue della Sibilla.
Tra i messaggi predetti dalla Sibilla emerge l‘annuncio della distruzione della città di Troia, la fondazione dei giochi istmici, nonché gare ginniche, ippiche e di lotta in favore al dio Poseidone e il pronostico sconcertante di una battaglia in cui vincitori e vinti avrebbero riportato ingenti perdite. Tale conflitto viene identificato dagli storici con la battaglia di Cheronea (338 a.C.) o quella di Platea (479 a.C.).
ICONOGRAFIA La tradizione iconografica medioevale assegna alla Sibilla Delfica l‘attributo della corona di spine. Questo, tenuto nella mano destra, simboleggiava le sofferenze affrontate da Cristo nella vita terrena. Il manoscritto del domenicano Filippo Barbieri, pubblicato nel 1481, presenta la Sibilla Delfica "paludata di nero e tenente tra le mani un corno".
SIBILLA DELFICA NELLA DIOCESI DI BERGAMO
Nella Diocesi di Bergamo sei sono i ritratti della veggente: a Nembro, Almenno San Salvatore, Verdellino, Lallio, Spinone al Lago e Sovere. In aggiunta a questi, la Sibilla Delfica è osservabile anche nell‘Oratorio Suardi di Trescore Balneario, di proprietà privata.
Tutte le profetesse sono giovani. Le donne di Almenno San Salvatore, di Sovere e di Spinone al Lago sono ritratte di lato, indossano ampi abiti e le spalle sono avvolte da mantelli. I capelli sono raccolti e stretti da nastri, tranne nella donna di Spinone al Lago, dove una lunga treccia le cinge il capo come una corona. Differenti sono le profetesse di Nembro, Verdellino e di Lallio. La prima, ritratta di lato indossa un leggero abito con ampie maniche. I capelli sciolti sono avvolti in un lungo velo. La donna di Verdellino, in posizione eretta, indossa un chitone con decori sul collo e una fascia in vita, e un lungo mantello. Ai piedi veste dei sandali. I capelli cadono sciolti sulle spalle e il capo è cinto da una corona di foglie. A Lallio,la veggente veste un abito scuro dell‘epoca, con sbuffi sulle spalle e del pizzo per coprire le parti scoperte del petto e del collo. L‘abito è stretto in vita da una sottile cintura lavorata e presenta ricami in filo d‘oro. I capelli sono accuratamente raccolti e ornati da una sottile ghirlanda di fiori bianchi. Le veggenti di Lallio e di Sovere tengono tra le mani un testo aperto, mentre le Sibille di Nembro, Almenno San Salvatore e Verdellino srotolano un cartiglio.
Tutte le profetesse osservate, ad eccezione di quella di Sovere e di Nembro, presentano nei cartigli o nei riquadri dipinti sopra/sotto il loro ritratto la scritta (o parte di essa) annunciante la venuta di Cristo: "Nascetur Propheta absque matris coitu ex vergine eius". Questo messaggio è presente in modo similare nel testo della Bibbia nelle parole del Profeta Isaia (7:14) "Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio" e nel Vangelo di Luca (1:31) quando l‘angelo annuncia a Maria: "concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù".