Sibyl[la] Erithrea Assir[i]or[um] Babil[one] Oriunda
Nel Terzo libro degli Oracoli Sibillini la Sibilla Eritrea si presenta originaria di Babilonia, città della Mesopotamia antica e figlia di una Ninfa Naiade e di un uomo mortale, il pastore Teodoro. Questa natura le consentì di enunciare "ai mortali i mali che li attendono". Benché si professi Babilonese, l‘autore Apollodoro d‘Eritre, fonte ripresa in seguito da Varrone, la ritiene originaria della città di Eritre, mentre Eraclide Pontico e Pausania originaria dell‘isola di Samo. Il nome della veggente era infatti Erofile, "amata da Era", divinità maggiormente venerata sull‘isola. Dalla descrizione di Varrone: "Quintam Erythraeam, quam Apollodorus Erythreaus adfirmat suam fuisse civem eamque Grais Ilium petentibus vaticinatam et perituram esse Troiam et Homerum mendacia scripturum" è possibile sapere che la profetessa predisse la distruzione della città di Troia e che il poeta Omero avrebbe cantato l‘evento in modo non veritiero.
Appartengono alla Sibilla anche le profezie del terremoto di Rodi e dell‘eruzione del Vesuvio. Come la Sibilla Delfica, anche la Sibilla Eritrea si esprime in merito alla sua morte, causata dall‘invidia di Febo. Infatti annuncia agli uomini che la sua morte non avrebbe comportato la fine delle profezie, ma che il futuro sarebbe stato letto nelle viscere degli animali o nelle voci profetiche trasportate dal vento. Queste parole sono state raccolte e tramandate dal collezionista di meraviglie e storico greco dell‘Impero romano Flegonte di Tralles.
Della Sibilla Eritrea si trova traccia anche negli autori cristiani, tra i quali Eusebio di Cesarea, che nel testo Vita di Costantino riporta le parole pronunciate dall‘imperatore sulla profetessa: "... ella rilasciava oracoli apollinei a coloro che postulavano presso di lei, per la follia dei suoi genitori che l‘avevano consacrata a questo servizio [...] profetò in versi cosa sarebbe successo riguardo a Dio e in modo chiaro, con le lettere iniziali dei versi, che sono chiamate acrostico, rivelò la storia della venuta di Gesù". ICONOGRAFIA L‘attributo comunemente usato per identificare la Sibilla Eritrea è la spada o il pugnale. Questo elemento richiama al messaggio del Giudizio Finale, annunciato dalla profetessa. Meno frequente è il simbolo della rosa.
SIBILLA ERITREA NELLA DIOCESI DI BERGAMO
Cinque sono i ritratti della Sibilla Eritrea presenti nella Diocesi di Bergamo. Questi sono osservabili ad Almenno San Salvatore, Verdellino, Lallio, Spinone al Lago, Sovere. Di appartenenza privata è il dipinto dell‘Oratorio Suardi di Trescore Balneario. Le donne di Almenno San Salvatore e di Lallio, ritratte di lato, hanno il capo coperto da un velo e un lungo mantello sulle spalle. Entrambe sollevano il dito indice della mano destra in alto, ad indicare la presenza di Dio. La veggente di Lallio è una donna anziana come le donne di Spinone al Lago e di Trescore. Queste, entrambe del pittore Lorenzo Lotto, sono identiche; infatti sono ritratte incurvate e in aspetto ammonitrice. Indossano un abito contadino, con un grembiule in vita e il capo avvolto da un velo. Solo le profetesse di Verdellino e Sovere sono giovani donne. La prima, in posizione eretta, indossa un chitone bianco e tiene stretto con la mano sinistra all‘altezza del collo il lungo mantello. Essa ha i capelli sciolti e una sottile treccia cinge il capo come una corona. La seconda indossa un leggero abito rosso e un mantello scuro. I capelli sono elegantemente raccolti e sul capo ha un sottile diadema.