L’affresco di Mornico si ispira da vicino al vangelo di Giovanni. Nel quarto vangelo l’esperienza dei due apostoli è un racconto di mediazioni: il Battista segnala l’Agnello di Dio, due dei suoi discepoli seguono Gesù, uno di questi è Andrea che racconta a Pietro e, infine, Pietro e Andrea incontrano Gesù. “Dove abiti?”, gli chiedono. “Venite e vedete”, risponde loro Gesù.
L’immagine, in effetti, colloca la scena della chiamata non vicino al lago, come nei vangeli sinottici, ma in una casa, “dove egli dimorava”. Sullo sfondo delle piante vogliono, forse, alludere a un giardino. Gesù si trova sulla porta di casa, di quella che forse potrebbe essere chiamata casa sua, e insieme ammonisce e invita.
I due discepoli stanno di fronte e sgranano gli occhi. Gesù li guarda. Giovanni racconta infatti che Gesù “fissando lo sguardo” su Pietro gli cambia il nome e lo chiama Cefa. L’incontro è anzitutto un incrocio di sguardi. Poi Andrea alza la mano che risponde, con un gesto quasi speculare, alla mano alzata di Gesù. Al dialogo degli occhi subentra dunque quello delle mani: Andrea sembra rispondere con una certa ritrosia: forse è l’espressione diretta dello stupore per avere scoperto – proprio lui - il Messia.
Pietro viene dietro Andrea, quasi aggrappato a lui. Pietro che, già a partire da questo momento, con il cambio del nome, sarà chiamato ad essere il primo, il “principe degli Apostoli”, qui è semplicemente discepolo di un discepolo, trainato dal fratello. Ma è proprio così, lasciandosi guidare da Andrea, che Pietro sta imparando ad essere il primo, a prendere sul serio l’incredibile paradosso evangelico: “chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo”.
Di fronte a Gesù sta dunque la prima, esile cellula della Chiesa: due fratelli di sangue che stanno diventando, grazie alla sequela Gesù, fratelli in modo straordinariamente nuovo. “Quel giorno rimasero con lui”, racconta Giovanni. E rimasero con lui quel giorno per imparare a rimanere con lui sempre.