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Diocesi di Bergamo - Ufficio Beni culturali
5° domenica del Tempo Ordinario - ciclo B   versione testuale
Guarì molti che erano affetti da varie malattie.







 
Vangelo Mc 1,29-39
 
Dal Vangelo secondo Marco
 
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
 
 
Tra le opere presenti nella nostra diocesi ispirate da questo brano, è  stata scelta la seguente:
 
Tempera su intonaco
Chiesa di San Giacomo Maggiore e Santa Maria Assunta, Somendenna
 
- Commento teologico dell'opera di cui sopra:
Alcuni racconti evangelici, appena letti, evocano una folla di immagini. Pensiamo all’ultima cena, o alla chiamata dei discepoli, o alla pesca miracolosa, o alla moltiplicazione dei pani. Questo miracolo, la guarigione della suocera di Pietro, viene rappresentato, certo, ma molto più raramente. Così, dentro il vasto patrimonio artistico della nostra diocesi, si è passati dal glorioso passato di alcune immagini che illustravano i vangeli delle domeniche trascorse a questo dignitoso presente: Vittorio Manini, vissuto tra il 1888 e il 1974, alunno di Ponziano Loverini, nativo di s. Omobono. Ha lavorato spesso nelle nostre chiese e il suo nome è più volte collegato a quello, molto noto, dei fratelli Taragni.
Alcune opere “laiche” di Manini mostrano una positiva tensione verso il mondo moderno e le sue correnti artistiche. Nelle opere religiose, invece, prevalgono “modi di vedere” che provengono soprattutto dal passato. Così qui. La scena è delimitata, sul davanti, dai gradini che la tagliano verso il basso e, in alto, dagli abbondanti tendaggi e dal colonnato, fortemente illuminato da una luce proveniente dall’esterno. Siamo dunque in un interno sontuosamente signorile. I personaggi assumono o l’atteggiamento di stupore per ciò che sta succedendo (i due apostoli sullo sfondo), o l’atteggiamento orante di chi sta ottenendo ciò che aveva chiesto (i due inginocchiati, in primo piano). L’autore, obbedisce a una specie di riflesso condizionato, per cui il sacro diventa anzitutto solenne e poi quella solennità è il modo migliore per lasciarlo trapelare, qua e là, più direttamente. Per questo su Gesù si incrociano due linee: una linea di colore che viene da destra: il rosso del mantello dell’apostolo in ginocchio che continua con il rosso della tunica di Gesù. E una linea di luce che viene da sinistra, colpisce la schiena dell’altro apostolo in ginocchio, le lenzuola del letto con la malata e la parte superiore della figura di Gesù.
Insomma, un sacro che vuole stupire con il corredo delle immagini vistose che porta con sé. Ma, dopo aver guardato e riguardato, si deve concludere che si tratta di un sacro che, oggi almeno, provoca più ammirazione degli occhi che commozione del cuore, che sta davanti e che fatica a penetrare dentro.
 
 
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