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Diocesi di Bergamo - Ufficio Beni culturali
San Vincenzo di Saragozza   versione testuale
 
Secondo la tradizione più attendibile nacque ad Huesca, alle propaggini dei Pirenei, anche se le due città spagnole di Valencia e di Saragozza ne rivendicano la nascita.
 
Figlio del console Eutichio e della matrona Enola, Vincenzo venne affidato a Valerio, vescovo di Saragozza, per completare la sua formazione culturale e spirituale.
 
Il vescovo lo nominò arcidiacono e lo considerò suo braccio destro affidandogli il compito di predicare in sua vece a causa della sua difficoltà di parola.
 
Nonostante infuriasse la persecuzione contro i Cristiani scatenata dall’imperatore Diocleziano, il vescovo Valerio e l’arcidiacono Vincenzo non desistettero dal testimoniare la loro fede.
 
Il prefetto della provincia spagnola, Daciano, ordinò il loro arresto.
 
Condotti a Valencia, dove Daciano teneva il tribunale, furono fustigati, blanditi, torturati. Valerio fu mandato in esilio e l’ira del prefetto si riversò su Vincenzo che fu sottoposto a varie torture.
 
Il primo supplizio fu quello del cavalletto: uno strumento di tortura che lussava tutte le ossa.
 
In seguito fu tormentato con la graticola e con lamine infuocate.
 
Infine il martire venne rinchiuso in un’oscura prigione, disteso e legato su un letto di cocci di vasi rotti, ma le catene si spezzarono, i cocci si trasformarono in fiori e la prigione divenne splendente di luce celestiale con gli angeli che scendevano dal cielo per consolare il martire e prepararlo per il Paradiso.
 
Vincenzo pregava con gli occhi al cielo come se il dolore non lo riguardasse.
 
Il prefetto tentò anche con lusinghe, ma Vincenzo restò fedele a Cristo fino alla fine.
 
Dopo la morte, avvenuta il 22 Gennaio 304, Daciano ordinò che il corpo fosse gettato in un campo deserto in pasto alle fiere. Ma un corvo si pose a vegliare e a difendere le spoglie del santo.
 
Allora il cadavere fu rinchiuso in un sacco e gettato in mare con una grossa pietra. Ma la pietra venne a galla e le spoglie,  trasportate dalla brezza su una spiaggia, furono  miracolosamente  riconosciute da un cristiano e da una vedova.
 
Con l’editto di Costantino del 313, che concedeva libertà di culto ai Cristiani, a Valencia venne costruita la cattedrale in onore del santo.
In seguito all’invasione dei Mori nel 712, il corpo di Vincenzo fu portato al sicuro in Portogallo, in una chiesetta costruita sul promontorio ancora oggi detto Capo S. Vincenzo.
 
Conclusa la guerra contro i Mori, il corpo di S. Vincenzo, trasportato da una nave governata a poppa e a prua da due corvi, giunse a Lisbona.
 
Il 15 Settembre 1173 furono solennemente poste nella cattedrale della città.
Vincenzo, tra i martiri più conosciuti e venerati nel mondo cattolico,  porta un nome che è simbolo e augurio di vittoria: Vincenzo è il vincente.
 
Protettore degli orfani, delle vedove e dei poveri, è invocato per la protezione dei tetti, dei viticultori e dei commercianti di vino.
 
E’ patrono di Lisbona nel cui stemma compare la nave, con i due corvi, che trasportò la salma del santo.
 
Dal 1300 è protettore delle città di Vicenza che, secondo una vecchia leggenda, ne porterebbe il nome.
 
E’ patrono di Adrano in provincia di Catania e titolare di Ugento e dell’omonima diocesi in provincia di Lecce.
 
A Galliano di Cantù, in provincia di Como, tra il V e il VI secolo venne dedicato a S. Vincenzo un edificio sacro con annesso forse un battistero. Il complesso fu riedificato nel 1007, dal vescovo di Milano Ariberto da Intimiano, ed è una delle prime testimonianze dello stile romanico.
 
Il suo culto dalla Spagna si è esteso in tutti i paesi anche per opera di S. Agostino, di cui si conservano cinque sermoni pronunciati ogni anno il 22 Gennaio giorno della festa liturgica del santo.
 
Di S. Vincenzo sono note, una mezza dozzina di “passiones”, cioè racconti agiografici della vita del santo. Due sono le più antiche, perché citate da S. Agostino.  Gli Atti ufficiali del processo sono stati distrutti dal persecutore che non volle che si costatasse la sua sconfitta di fronte alla invincibile costanza del martire.
 
La straordinaria propagazione del culto di S. Vincenzo si deve anche al vivo colorito con cui sono narrati gli interrogatori e i supplizi del martire. La narrazione, commovente e sensazionale, divenne anche per gli agiografi la base per descrivere le vicende dei martiri spagnoli di cui poco era noto.
 
Nell’iconografia Vincenzo compare in abito da diacono, con la stola portata di traverso,  ha in mano la palma del martirio e, spesso, un libro nella destra a indicare il suo compito di predicatore.
 
Gli strumenti del martirio sono il cavalletto, la macina, a volte legata al collo, la graticola che però scompare per diventare il simbolo esclusivo di S. Lorenzo.
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